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4월1일 Beati Anacleto Gonzalez Flores e 3 compagni Laici e martiri |
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Fondatore dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM) di Guadalajara, questo martire della persecuzione religiosa messicana fondò anche l’Unione Popolare, conosciuta come “U”, movimento operaio, femminile, contadino e popolare, dedito alla promozione della catechesi ed oppositore attivo del governo locale e di quello federale a causa delle misure repressive in materia di libertà religiosa. Anacleto González Flores, meglio noto come “il maestro Cleto”, fu un leader laico assai famoso tra il 1915 e il 1927, anno in cui fu ucciso dall’esercito federale, acerrimo persecutore dei cattolici messicani, agli ordini del Presidente della Repubblica Plutarco Elías Calles. La predicazione in favore del pacifismo e della non violenza nel periodo della “Guerra Cristera” (1926-1929), guadagnò ad Anacleto González Flores l’appellativo di “Gandhi messicano”.
José Dionisio Luis Padilla Gómez nacque a Guadalajara il 9 dicembre 1899. Ricevette un’accurata educazione dalla sua famiglia distinta e cristiana. Nel 1917 entrò nel seminario conciliare di Guadalajara, ma nel 1921 lo abbandonò avendo alcuni dubbi circa la sua vocazione. Abbandonò inoltre anche l’attività di insegnante, per dedicarsi ad impartire lezioni gratuite ai bambini e giovani più poveri. Socio fondatore e membro attivo dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM), vi svolse un’intensa opera di apostolato, in particolare nel campo della promozione sociale. Era solito praticare apertamente la sua pietà: in casa, nelle strade ed in chiesa. Fu fervente devoto della Vergine Maria.
Jorge Ramon Vargas González nacque ad Ahualulco il 28 settembre 1899, figlio di un onorato medico e di una donna coraggiosa, integra e compassionevole, quasi paragonabile alla celebre madre dei fratelli Maccabei. Quando ancora era bambino, la famiglia si trasferì a Guadalajara. Qui Jorge condivise gli aneliti e le preoccupazioni di quanti soffrivano a causa della persecuzione religiosa in atto nel suo paese. Nel 1926, quando lavorava per la Compagnia Idroelettrica, la sua casa funse da rifugio per parecchi sacerdoti perseguitati. Alla fine di marzo del 1927 la famiglia Vargas Gonzáles accolse in casa Anacleto González Flores, sapendo benissimo quanto potesse costare loro questo gesto. Anacleto divise la camera proprio con Jorge.
Ramón Vicente Vargas González nacque ad Ahualulco il 22 gennaio 1905, settimo di undici fratelli. Tre caratteristiche lo distinsero dagli altri: il colore rosso dei capelli, che gli valse il soprannome di “Colorado”, l’elevata statura e la giovialità. Stabilitosi con la famiglia a Guadalajara, Ramón decise di seguire le orme paterne entrando nella facoltà di Medicina, ove si distinse per il suo buon umore, il suo cameratismo e la sua chiara identità cattolica. Non appena possibile, si occupò gratuitamente della salute dei poveri. A ventidue anni, ormai prossimo a concludere gli studi universitari, accolse in casa Anacleto González Flores, che subito notò le doti di Ramón e gli propose di lavorare negli accampamenti della resistenza come infermiere. Il giovane gli rispose: “Per lei faccio qualsiasi cosa, Maestro, ma darmi alla macchia no”.
Beati Anacleto Gonzalez Flores e 3 compagni Laici e martiri Fondatore dell'Associazione cattolica della gioventù messicana (Acjm) di Guadalajara e dell'Unione Popolare, Anacleto González Flores, meglio noto come «il maestro Cleto», fu un leader laico messicano assai famoso tra il 1915 e il 1927: la predicazione a favore del pacifismo e della non violenza nel periodo della «Guerra Cristera» (1926-1929), gli guadagnò l'appellativo di «Gandhi messicano». Sposato e padre di due figli, era nato a Tepatitlán, Jalisco, il 13 luglio 1888. Dopo essere stato seminarista svolse i lavori più disparati, prima di laurearsi in Giurisprudenza nel 1921. Nel 1925 ricevette da Pio XI la Croce «Ecclesia et Pontifice» in riconoscimento alla sua opera in difesa della religiosità dei fedeli messicani. Anacleto tentò di evitare di legare l'Unione Popolare alla Lega nazionale per la difesa della libertà religiosa, che aveva dichiarato guerra al Governo di Calles, persecutore dei cristiani, già dal 1926. Dovette tuttavia accettare che la sua organizzazione passasse alla lotta armata, ma ciò gli costò l'arresto il 31 marzo 1927 e la morte il giorno successivo assieme a tra compagni. (Avvenire) Anacleto Gonzalez Flores Padre di famiglia, avvocato, il “Gandhi messicano” Fondatore dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM) di Guadalajara, questo martire della persecuzione religiosa messicana fondò anche l’Unione Popolare, conosciuta come “U”, movimento operaio, femminile, contadino e popolare, dedito alla promozione della catechesi ed oppositore attivo del governo locale e di quello federale a causa delle misure repressive in materia di libertà religiosa. Anacleto González Flores, meglio noto come “il maestro Cleto”, fu un leader laico assai famoso tra il 1915 e il 1927, anno in cui fu ucciso dall’esercito federale, acerrimo persecutore dei cattolici messicani, agli ordini del Presidente della Repubblica Plutarco Elías Calles. La predicazione in favore del pacifismo e della non violenza nel periodo della “Guerra Cristera” (1926-1929), guadagnò ad Anacleto González Flores l’appellativo di “Gandhi messicano”. José Dionisio Luis Padilla Gómez Giovane dell’Azione Cattolica, asceta e mistico José Dionisio Luis Padilla Gómez nacque a Guadalajara il 9 dicembre 1899. Ricevette un’accurata educazione dalla sua famiglia distinta e cristiana. Nel 1917 entrò nel seminario conciliare di Guadalajara, ma nel 1921 lo abbandonò avendo alcuni dubbi circa la sua vocazione. Abbandonò inoltre anche l’attività di insegnante, per dedicarsi ad impartire lezioni gratuite ai bambini e giovani più poveri. Socio fondatore e membro attivo dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM), vi svolse un’intensa opera di apostolato, in particolare nel campo della promozione sociale. Era solito praticare apertamente la sua pietà: in casa, nelle strade ed in chiesa. Fu fervente devoto della Vergine Maria. Jorge Ramon Vargas González Giovane dell’Azione Cattolica Jorge Ramon Vargas González nacque ad Ahualulco il 28 settembre 1899, figlio di un onorato medico e di una donna coraggiosa, integra e compassionevole, quasi paragonabile alla celebre madre dei fratelli Maccabei. Quando ancora era bambino, la famiglia si trasferì a Guadalajara. Qui Jorge condivise gli aneliti e le preoccupazioni di quanti soffrivano a causa della persecuzione religiosa in atto nel suo paese. Nel 1926, quando lavorava per la Compagnia Idroelettrica, la sua casa funse da rifugio per parecchi sacerdoti perseguitati. Alla fine di marzo del 1927 la famiglia Vargas Gonzáles accolse in casa Anacleto González Flores, sapendo benissimo quanto potesse costare loro questo gesto. Anacleto divise la camera proprio con Jorge. Ramón Vicente Vargas González Giovane dell’Azione Cattolica Ramón Vicente Vargas González nacque ad Ahualulco il 22 gennaio 1905, settimo di undici fratelli. Tre caratteristiche lo distinsero dagli altri: il colore rosso dei capelli, che gli valse il soprannome di “Colorado”, l’elevata statura e la giovialità. Stabilitosi con la famiglia a Guadalajara, Ramón decise di seguire le orme paterne entrando nella facoltà di Medicina, ove si distinse per il suo buon umore, il suo cameratismo e la sua chiara identità cattolica. Non appena possibile, si occupò gratuitamente della salute dei poveri. A ventidue anni, ormai prossimo a concludere gli studi universitari, accolse in casa Anacleto González Flores, che subito notò le doti di Ramón e gli propose di lavorare negli accampamenti della resistenza come infermiere. Il giovane gli rispose: “Per lei faccio qualsiasi cosa, Maestro, ma darmi alla macchia no”.
Martiri Messicani.
Pochi sanno che in Messico, agli inizi del XX secolo, si è perpetrata una persecuzione terribile contro i cattolici, che è proseguita nel tempo, lasciando effetti duraturi sulla struttura politica e sociale del Messico, ma avendo conseguenze nefaste sull’intera America Latina. Si trattò di un conflitto scatenato contro una società contadina, tradizionale, cattolica, un’aggressione perpetrata da uno Stato autoritario uscito da un processo rivoluzionario. Sarà papa Giovanni Paolo II (1978-2005) ad elevare agli onori degli altari alcuni martiri della persecuzione messicana: sacerdoti e laici, militanti delle organizzazioni cattoliche. Nel 1917 venne promulgata in Messico una nuova Costituzione, ispirata a principi anticlericali, firmata dal presidente Don Venusiano Carranza. Da essa ebbe origine una fase di violenta persecuzione religiosa. L’episcopato messicano espresse la sua contrarietà alla nuova legge fondamentale della nazione, provocando però in tal modo una forte reazione da parte governativa. Dal 1926 in avanti, sotto la presidenza di Don Plutarco Elìas Calles, la persecuzione si fece ancor più violenta con l’espulsione dei sacerdoti stranieri, la chiusura delle scuole private e di alcune opere benefiche. I laici messicani costituirono un’organizzazione denominata Lega in Difesa della Libertà Religiosa, che proclamò: «Deploriamo la guerra, ma la nostra dignità oltraggiata e la nostra fede perseguitata ci obbliga a correre per difenderci sullo stesso campo su cui si sviluppa l’attacco». Il popolo non poté resistere alle privazioni religiose che il boicottaggio portava, cosicché decise di difendere la propria libertà religiosa e insorse in armi contro il governo massonico e anticlericale del presidente Plutarco Elías Calles, senza il diretto intervento del clero, per mezzo delle armi. Ebbe così inizio la guerra civile, meglio conosciuta in Messico come «Movimiento cristero». Questo movimento non fu dunque promosso dalla gerarchia ecclesiastica, bensì dal mondo laicale, che cercò comunque l’appoggio dei propri pastori, anche se generalmente il clero accettò di sostenere esclusivamente la resistenza pacifica. La rivolta dei Cristeros, chiamata anche guerra Cristera o Cristiada, proseguì fino al 1929. Il nome Cristeros, contrazione di Cristos Reyes, fu dato spregiativamente dai governativi ai ribelli, a motivo del loro grido di battaglia: «¡Viva Cristo Rey!» («Viva Cristo Re!). Giovanni Paolo II ha canonizzato 25 martiri messicani il 21 maggio dell’anno giubilare 2000, in piazza San Pietro. Altre 14 vittime della medesima persecuzione sono state beatificate tra il 1988 ed il 2005 nel corso di tre cerimonie. Infine per altri 7 Servi di Dio è ancora in corso il processo per il riconoscimento del loro martirio. I 25 santi martiri messicani (Cristoforo Magallanes Jara e 24 compagni), per volontà di Giovanni Paolo II, entrarono subito dopo la canonizzazione nel Calendario Romano al 21 maggio, con il grado di «memoria facoltativa». Il Martyrologium Romanum commemora invece i diversi santi e beati separatamente, ciascuno nell’anniversario del martirio. Questi martiri sono stati uomini e donne che testimoniarono con coraggio la loro fede contro un Governo che nella propria Costituzione affermava che «L’esistenza di qualsiasi ordine e congregazione religiosa resta proibito» (art. 5); inoltre: «ogni culto è proibito fuori delle chiese, e nelle chiese il culto sarà sempre sottomesso all’ispezione dell’autorità civile» (art. 24); «le chiese sono proprietà dello Stato. Tutte le associazioni religiose sono incapaci di acquistare, possedere o amministrare beni immobili». L’epopea della Cristiada annovera come suoi protomartiri Joaquim Silva e Manuel Melgarejo, il primo di 27 anni, il secondo di soli 17, entrambi militanti della Gioventù cattolica. Dopo il provvedimento della sospensione del culto pubblico voluto dai vescovi messicani per protestare contro le misure del governo, Silva aveva cominciato, insieme all’amico, a percorrere il Paese e a tenere conferenze nelle quali, grazie ad una solida cultura, una fede appassionata e una concezione della vita come milizia, sapeva accendere gli animi dell’uditorio e spronarlo alla lotta. Domenica 12 settembre 1925, mentre si dirigevano in treno a Zamora per tenervi uno di questi incontri, vennero arrestati e condannati a morte senza essere neppure processati. Silva chiese che l’amico minorenne fosse risparmiato, ma non fu ascoltato. Vennero così condotti di fronte ad un plotone d’esecuzione, fu loro strappato di mano il Rosario. Joaquim Silva tenne un discorso intenso e profondo, sia sui valori religiosi che patriottici che persino i soldati schierati per ucciderlo ne rimasero commossi e uno di loro si rifiutò di prender parte all’esecuzione, subendo quindi l’arresto e l’eseciuzione capitale il giorno dopo. Con coraggio Joaquim dichiarò al comandante: «Non siamo dei criminali, né abbiamo paura della morte. lo stesso vi darò il segnale di sparare, quando griderò viva Cristo Re, viva la Vergine di Guadalupe». Infatti al suo grido, unito a quello di Manuel, i colpi mortali partirono dai fucili. I corpi dei due eroi furono esposti più tardi nel cimitero: stringevano ancora tra le mani i rosari, e furono rivestiti di bianche vesti, dopo che i loro abiti insanguinati erano stati divisi in frammenti, come reliquie, tra i fedeli del paese. Fra i martiri ci furono anche degli amministratori pubblici, come Luis Navarro Origel, il sindaco terziario francescano della città di Peniamo, fondatore nella sua regione di molte realtà, infatti, oltre all’Ordine dei Cavalieri di Colombo, diede vita a società di mutuo soccorso, casse rurali, sezioni della Gioventù Cattolica, circoli culturali, scuole di catechismo. Inoltre fu propagatore instancabile dell’adorazione eucaristica notturna. Ricordiamo ancora la bella figura di Tomàs de la Mora, di Colima, un ragazzo di soli sedici anni, uno dei più attivi membri del locale Circolo Cattolico, che svolgeva l’attività di catechista tra i bambini più poveri. Il 15 agosto 1927 fu arrestato perché indossava uno scapolare della confraternita religiosa a cui apparteneva. Il comandante della caserma gli domandò se avesse rapporti con «i fanatici», ma egli rispose: «Non fanatici, ma liberatori della Chiesa e della Patria dai tiranni». Tomàs fu allora frustato, affinchè fornisse informazioni sui ribelli, ma fu tutto inutile. Venne impiccato all’Albero della libertà che era stato eretto, tragico retaggio della Rivoluzione Francese, nella piazza principale della città. Un esempio di eroismo femminile è quello di Eleonora Garduno. Interrogata dal generale Ortiz, uno dei principali collaboratori di Calles, che aveva per motto «Il mio dio è il diavolo» (diavolo che portava tatuato sul petto), ricevette dal militare l’offerta della scarcerazione, in cambio della sua collaborazione. La ragazza non accettò e venne condotta davanti al plotone d’esecuzione. Mentre, quando portarono alla moglie dell’avvocato Gonzales, una delle guide dell’insurrezione, il cadavere straziato del marito, la donna chiamò vicino i figli e disse: «Guardatelo, è vostro padre. È un martire della Fede. Promettetegli che anche voi sarete degni figli e continuerete un giorno la sua opera». Furono centinaia i preti uccisi, parroci di villaggi, seminaristi, monaci. Miguel Augustin Pro, gesuita, di Guadalupe, Padre Elia Nieves, agostiniano il quale, dopo essersi inginocchiato, si rivolse ai soldati del plotone di esecuzione: «In ginocchio, figli miei. Prima di morire voglio darvi la mia benedizione». I soldati obbedirono e si inchinarono riverenti al gesto del sacerdote. Mentre padre Nieves tracciava il segno di croce, l’ufficiale che comandava il picchetto, infuriato, gli sparò al petto, uccidendolo mentre ancora benediva. Ai sacerdoti che lasciavano in vita venivano sovente loro tagliate le braccia, per impedire che potessero celebrare la Messa. Don Pablo Garcia subì una sorte atroce: parroco zelante, anch’egli sfidava le leggi e ogni pericolo. Volle celebrare con grande solennità la festa nazionale di Nostra Signora di Guadalupe e il 12 dicembre raccolse il suo popolo in un luogo solitario sulla montagna di S. Juan de los Lagos. Scoperto, arrestato, venne orribilmente torturato per giorni. Padre Davide Uribe, annoverato nel gruppo di martiri beatificati da papa Giovanni Paolo II, fu strappato al suo gregge, dopo essere stato rinchiuso in un campo di concentramento. Riuscì tuttavia ad evadere e tornò alla sua parrocchia di Iguala, continuando ad esercitare, in forma clandestina, il suo ministero. Finì per essere nuovamente arrestato. Il generale governativo Castrejon propose ai parrocchiani di riscattare il sacerdote consegnando tremila pesos. Furono raccolti immediatamente, a costo anche di enormi sacrifici, ma il parroco non fu rilasciato: si pretendeva da lui un pubblico atto di apostasia e di adesione alla scismatica chiesa patriottica. Pabre Uribe, che nutriva una grande devozione per il Papa, rifiutò decisamente e fu allora sottoposto a lunghe torture, tra le quali il supplizio della graticola. La Domenica delle Palme del 1927 spirò dopo i terribili tormenti. Le sue ultime parole furono: «la morte piuttosto che rinnegare il Vicario di Cristo, io amo il Papa! Viva il Papa!».
Per maggiori informazioni sui singoli personaggi, rimandiamo alle singole schede loro dedicate nel giorno della festa:
90018 – Cristobal Magallanes Jara, Sacerdote, 25 maggio
91767 – Miguel Agustin Pro, Sacerdote, 23 novembre
90154 – Elia del Soccorso (Matteo Nieves), Sacerdote, 10 marzo
92571 – Anacleto Gonzalez Flores, Laico, 1 aprile
- Aurelio de la Vega Velazquez (Junipero) Sacerdote dei Frati Minori Francescani
April 1 He was greatly involved in social and religious activities and was an enthusiastic member of the Catholic Association of Young Mexicans (ACJM). He taught classes in catechism, was dedicated to works of charity and wrote articles and books with a Christian spirit. In 1914, when all churches were closed on the order the local governor, he organized the Popular Union and founded the newspaper Gladium, "sword" in Latin, a word with which he already dreamed of martyrdom. He was arrested in 1919 for his social, political and religious ideals. Three years later he coordinated the first Catholic Labor Congress in Guadalajara and organized the National Catholic Labor Conference that spread throughout the country. In 1922 he married María Concepción Guerrero and they had two children. By 1926, the situation in Mexico had worsened and Anacleto, who up until this time had advocated passive, non-violent resistance, joined the cause of the National League for the Defence of Religious Freedom upon learning of the murder of four members of the ACJM. In January 1927 guerrilla warfare spread throughout Jalisco and from his many hiding places Anacleto wrote and sent bulletins and studied major strategies. The young man was captured on the morning of 1 April 1927 in the home of the Vargas González family, along with the two Vargas brothers. He was taken to the Colorado jail, where his torture included being hung by his thumbs until his fingers were dislocated and having the bottom of his feet slashed. He refused, however, to supply his captors with any information. José Anacleto González Flores was condemned to death and was shot together with the Vargas González brothers and Luis Padilla Gómez on that same day, 1 April 1927. Blessed Anacleto González Flores and his eight companions, all of whom were martyred during the days of the Cristeros in Mexico. Among his last words were, "I pardon you from the heart; very soon we will see each other before the divine tribunal; the same judge that is going to judge me will be your judge; then you will have, in me, an intercessor with God." While being tortured and asked about he whereabouts of the Archbishop of Jalisco, he said, "I do not it and if I did know it, I would not tell you it." Let us also pray for such holy boldness! Blessed Anacleto González Flores
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